Brevi considerazioni su “Bohemian Rhapsody”

(Movieplayer)

Era da tempo che, all’uscita di una sala cinematografica, non provavo un senso di delusione pressoché totale, musiche escluse, come quello lasciatomi dalla visione di Bohemian Rhapsody, diretto da Bryan Singer e Dexter Fletcher (quest’ultimo, per quanto non accreditato,  ha sostituito il primo, ultimandone le riprese, con modalità egualmente anodine). Premetto che non sono un fan sfegatato dei Queen, dei quali ho apprezzato, e continuo ad apprezzare, da semplice appassionato di musica, le loro composizioni, così come ho sempre ammirato l’indole piacevolmente istrionica e vulcanica del loro leader, Freddie Mercury, al secolo Farrokh Bulsara, quindi non ne faccio una questione di rispetto filologico riguardo il succedersi degli eventi nelle modalità delineate da una sceneggiatura (Anthony McCarten, Justin Haythe) piuttosto accomodante.

Rami Malek e Lucy Boynton (Movieplayer)

Ciò che mi ha infastidito maggiormente è il senso di vuoto avvertito durante e dopo la proiezione, nonostante una messa in scena complessivamente gradevole, che non rifugge dalla spettacolarità, per quanto derivativa e con un non so che di artefatto, riducendosi in buona sostanza ad una serie di tavole autoconclusive che lasciano in bocca l’amarognolo sapore del bel compitino svolto, fra emozioni a buon mercato, grezzi simbolismi (uno su tutti, quello ammiccante al definitivo orientamento sessuale di Freddie, mentre sbircia un uomo in procinto d’entrare nella toilette, con la macchina da presa a restringere l’obiettivo sul cartello identificativo…), ostentate scene madri polverose di già visto (il definitivo e tormentato chiarimento tra Freddie e la fidanzata Mary, Lucy Boynton, sotto la pioggia scrosciante, abusato tormentone visuale).

Rami Malek (Movieplayer)

L’interpretazione di Rami Malek nei panni del carismatico leader della band mi è parsa convincente solo a tratti, ed è difficile tacere dell’ostentato trucco da Guglielmo il dentone volto a rendere il  difetto dentale (quattro incisivi in luogo di due, che d’altronde consentivano una particolare estensione vocale), a volte caricaturale nella sua ostentazione. Il lavoro di scrittura, poi, ne ha reso la figura, riporto la mia personale sensazione, simile ad un amebico Pinocchio, marionetta birichina condotta dal suo agente ed amante Paul Prenter (Allen Leech) in veste di Lucignolo verso il Paese dei Balocchi, “stupefacenti” festini orgiastici, mentre la citata Mary rappresenterebbe l’eterea Bambina dai Capelli Turchini, la fata buona che lo riporterà alla retta via, rendendolo un bimbetto assennato, senza dimenticare l’irrompere strisciante dell’Aids.

Il film ha una struttura circolare, inizia e si conclude con il Live Aid del 13 luglio 1985, ed in mezzo riporta nascita, morte (presunta) e resurrezione dei Queen; il citato concerto è riproposto tale e quale, grazie anche all’ampio uso della Computer Graphics, un riuscito copia e incolla incorniciato dal playback, quando in rete è facilmente rinvenibile la ben più emozionante ripresa dal vivo. Alti incassi e consensi pressoché universali? Ne prendo atto, vuol dire  che l’operazione preventivata è riuscita, fra approvazione plebiscitaria e dissensi, considerando come non tutti i gusti sono alla menta; chiaro, infine, che si siano poste le basi per mettere in cantiere un probabile sequel,  dando vita così ad un nuova gallina dalle uova d’oro per una Hollywood non sempre foriera di nuove idee, tra il coraggio di pochi e la furbizia, compiaciuta oltre che compiacente, di molti.

 


2 risposte a "Brevi considerazioni su “Bohemian Rhapsody”"

  1. Capisco il tuo punto di vista e soprattutto quando dici che essendoci dei filmati originali a questo punto meglio quelli… Su questo aspetto ho avuto la tua stessa sensazione… però nel complesso il film non mi è dispiaciuto, anche se c’è da dire che buona parte del merito va alle canzoni…

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    1. Ciao Vincenzo. Concordo, le canzoni conferiscono una certa coesione alla narrazione e, per quanto mi riguarda, hanno reso più digeribile un film nel complesso gradevole ma privo di nerbo, a livello registico e, ancora prima, di sceneggiatura. Grazie, un saluto.

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