Sicilia, fine anni 60 il rapimento di una donna organizzato da Maccaluso Vincenzo (Carlo Giuffrè) vede un errore dei suoi bravi, visto che invece della “chiatta” Concetta gli hanno portato la cugina Assunta… Ma tant’è, ormai il fatto è combinato e per di più la fanciulla non sembra poi tanto restia alle profferte amorose, dopo aver sguainato un coltello e opposto lieve resistenza (“niente sento, fredda come il mammo sono …”). Al mattino, però, Vincenzo è sparito, Assunta è accolta dai paesani come “disonorata”, il fidanzato demanda la vendetta ai maschi della famiglia, che non ci sono, per cui toccherà proprio a lei, con tanto di pistola in borsetta, inseguire il traditore, partito per l’Inghilterra. Dopo tante peripezie, incontri vari, tra i quali un medico novello pigmalione (Stanley Baker), la rivalsa della nostra eroina, man mano sempre più integrata nella realtà inglese, sarà efficace e risolutiva… L’evidente ispirazione ai quadri grotteschi, esasperati ed esasperanti, delineati da Pietro Germi in Sedotta e abbandonata, ’63, nella comune intenzione di cavalcare funzionalmente i luoghi comuni propri della condizione del Sud, dall’arretratezza culturale sino ai granitici concetti di rispetto ed onore, non inficiano più di tanto la validità complessiva della pellicola, sia nella costruzione, con qualche scricchiolo soprattutto nella seconda parte, quando vira verso il sentimentale, sia nell’ assunto che si viene a visualizzare.
Il tutto, grazie all’abile mano di Monicelli e alla caratterizzazione offerta dalla Vitti, che vediamo trasformarsi gradualmente anche nell’aspetto fisico e nel modo di vestire, partendo dall’iniziale treccia corvina e mise in nero per arrivare ai capelli rossi e alle minigonne, sulla cui figura è infatti incentrata la sceneggiatura di Rodolfo Sonego e Luigi Magni. La bella Monica ci regala un valido ritratto di donna combattuta tra atavismo e modernità, al centro di un percorso formativo e di emancipazione, conquistando quest’ultima, guarda caso, lontano dagli italici confini, sapendo cogliere i vari fermenti di novità tipici di un ambiente sociale in totale trasformazione, facendoli propri nell’affermazione definitiva della sua personalità ed autonomia, ovviamente non comprese e bistrattate dal redivivo Vincenzo, il quale non può fare altro che masticare amaro e consolarsi con uno stanco e maschilista refrain (“bottana eri e bottana sei rimasta”). Da ricordare, infine, infine i toni pop espressi dai titoli di testa e di coda, come dalla colonna sonora di Peppino De Luca, la bella fotografia di Carlo Di Palma, dai toni cangianti, più luminosi, man mano che l’azione si sposta verso il Regno Unito e la presenza di grandi caratteristi come Stefano Satta Flores e Tiberio Murgia; La ragazza con la pistola ottenne nel ’69 la nomination all’ Oscar come Miglior Film Straniero, il David di Donatello per la miglior produzione (Gianni Hetch Lucari), mentre alla Vitti fu conferito il Nastro D’Argento e il Premio al Festival di S. Sebastiano come miglior attrice ed uguale riconoscimento ai David di Donatello, ex aequo con Gina Lollobrigida (Buonasera Mrs. Campbell, Melvin Frank).
L’ha ripubblicato su Lumière e i suoi fratelli.
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