Un ricordo di Jacques Perrin

Jacques Perrin (Il Giornale d’Italia)

Lo scorso giovedì, 21 aprile, è morto a Parigi, sua città natale, l’attore, produttore e regista cinematografico Jacques Perrin (Jacques Simonet all’anagrafe, 1941): nel corso della sua carriera si è distinto, in particolare diretto da registi francesi ed italiani, senza comunque dimenticare la proficua collaborazione artistica con il cineasta greco Costantin Costa-Gavras, per aver dato vita a personaggi caratterizzati da una suggestiva mescolanza di malinconia e disincanto, esaltata visivamente dal naturale pallore del volto. Figlio d’arte, il padre, Alexandre Simonet, fu regista teatrale nell’ambito della Comédie Française, la madre, Marie Perrin, era attrice, Jacques, dopo aver frequentato il Conservatoire national d’art dramatique de Paris, si rivolse al grande schermo, prendendo parte a vari film a partire dal 1946, inizialmente risultando non accreditato, poi quale interprete di parti minori intorno alla fine degli anni Cinquanta. Il primo ruolo da protagonista, accanto a Claudia Cardinale, lo ebbe grazie a Valerio Zurlini, che lo diresse ne La ragazza con la valigia (1961), così come nei successivi  Cronaca familiare (1962), adattamento dell’omonimo romanzo di Vasco Pratolini (1947), pellicola che lo vedeva interpretare Lorenzo, fratello di Enrico (Marcello Mastroianni), visualizzando efficacemente un legame familiare in bilico fra amore e odio, e Il deserto dei Tartari (1976), tratto dall’omonima opera letteraria di Dino Buzzati (1940), dove invece rivestiva i panni del sottotenente Giovanni Battista Drogo, in perenne attesa, all’interno di una fortezza dove l’incedere temporale è scandito dall’osservanza di rigidi rituali, di una minaccia che andrà infine a concretizzarsi una volta che la vecchiaia e la malattia si presenteranno a rendere il conto.

(IMDb)

D’altronde l’ambiente militare, in ambito filmico, non era nuovo per Perrin, considerando la collaborazione con il regista e scrittore Pierre Schoendoerffer in una serie di film a sfondo bellico, avviata nel 1964 (La 317eme section), proseguita nel 1977 ( Le crabe-tambour) e conclusa nel 1982 (L’honneur d’un capitaine), mentre al 1965 risale l’incontro con Costa-Gavras, di cui accompagnò sia l’esordio registico, nello stesso anno, con il noir Compartiment tueurs (Vagone letto per assassini), tratto da un romanzo poliziesco di Sébastien Japrisot, sia l’affermazione a livello internazionale con  Z (Z-L’orgia del potere, 1969, basato sull’omonimo romanzo di Vassilis Vassilikos, di due anni precedente), contribuendo alla produzione di un film che conseguì il Premio della Giuria al 22mo Festival di Cannes e l’Oscar come Miglior Film Straniero. Per il regista greco, naturalizzato francese, Perrin, fra l’altro, interpretò e produsse anche État de siège (1973) e Section spéciale (1975).

(eBay)

Da ricordare anche i film girati sotto la direzione di Vittorio De Seta, Un uomo a metà (1966), che gli valse la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile alla 31ma Mostra Internazionale d’arte Cinematografica di Venezia, e L’invitata (1969), così come il proseguo dell’attività di produttore, citando, fra gli altri, Home Sweet Home (Benoit Lamy, 1973, al suo esordio registico) e Noirs et blancs en couleur (Jean-Jacques Annaud, 1976), vincitore nel 1977 del Premio Oscar come Miglior Film Straniero o quella di regista (il suggestivo documentario, quattro anni di lavorazione, Le peuple migrateur, 2001). Pur se intorno agli anni Ottanta Perrin andò diradando la sua presenza sul grande schermo, offrì comunque interpretazioni memorabili, quali il Salvatore adulto di Nuovo Cinema Paradiso (Giuseppe Tornatore, 1988), “dominus” della splendida sequenza finale, intento alla visione di una speciale “pizza” costituita dai vari tagli censori del parroco-gestore di sala (Leopoldo Trieste), lascito del proiezionista Alfredo (Philippe Noiret), la cui visione lo commuove e gli fa intuire come il cinema, nonostante tutto, sia destinato all’immortalità, o il frate barnabita Ugo Bassi ne In nome del popolo sovrano (Luigi Magni, 1990) e di Davide Rienzi ne La corsa dell’innocente (Carlo Carlei,1992) e comunque caratterizzazioni sempre penetranti (Le pacte des loups. Christophe Gans, 2001; Ti voglio bene Eugenio, Francisco José Fernandez, 2002; Les choristes, Christophe Barratier, 2004).


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