Ringrazio Sam Simon di vengonofuoridallefottutepareti per avermi coinvolto in un curioso gioco tra blogger, che ha per l’appunto l’intento di porre in essere una maggiore comunicatività fra i vari blog, cogliendo poi l’occasione di conoscersi reciprocamente. Provvedo a taggare, idealmente, tutti i blogger che mi seguono, invitandoli ad assecondare le seguenti regole, ove intendessero giocare anche loro.
1- Abbinare la prima lettera dell’alfabeto che vi viene in mente al titolo di una canzone, o a un oggetto, a una persona, al titolo di un film, qualsiasi cosa, basti che sia di getto, magari scrivendo anche due righe di spiegazione… ammesso che ci sia!
2- Fare un elenco (se lo gradite, potete aggiungere anche delle immagini o il link se si tratta di canzoni).
3- Taggare più blog possibili e che pensiate possano essere interessati (non c’è un limite numerico).
4- Ovviamente taggare l’ideatore, usare l’immagine del tag e chi vi nomina affinché sia possibile leggere anche le vostre risposte.
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A come ansia, fedele compagna di vita da un po’ di tempo a questa parte, sia in positivo (a volte, se ben gestita, può anche fungere da stimolo) che in negativo.
B come Boghy, eterno cucciolone, fido compagno al mio fianco da sette anni circa, che mi ha insegnato, e tuttora mi insegna, a prendere la vita nella sua interezza, confortandoci a vicenda tra una passeggiata a piè sospinto sul lungomare ed una stretta di zampa.
C come Casablanca, pellicola cult diretta da Michael Curtiz nel 1941, personale film del cuore, ne ho scritto qui .
D come Donald Fauntleroy Duck, ovvero Paolino Paperino, ne adoro in particolare le sfumature caratteriali delineate nelle storie ideate da Carl Barks.
E come estasiato, ovvero un particolare stato esistenziale nel quale mi imbatto raramente e solitamente di breve durata, in seguito alla visione di un film o alla lettura di un libro, ma anche osservando fotografie, quadri, opere d’arte in genere, senza dimenticare fenomeni naturali quali la pioggia, l’alba o il tramonto.
F come fantasia, indispensabile per conferire un inedito aspetto alla realtà con cui dobbiamo fare giornalmente i conti, alimentata spesso e volentieri da un’innata curiosità verso tutto ciò che mi circonda e di cui vengo a conoscenza.
G come Giorgio Gaber, fra i miei cantautori preferiti, che mi ha fatto comprendere come “La libertà non è star sopra un albero/ Non è neanche il volo di un moscone/ La libertà non è uno spazio libero/Libertà è partecipazione” (La libertà, Gaber e Sandro Luporini, 1972).
H come Humphrey Bogart, attore prediletto e nume tutelare al mio fianco, citando l’Allan Felix interpretato da Woody Allen in Play It Again, Sam, film diretto da Herbert Ross nel 1972 e tratto dall’omonima commedia teatrale dello stesso Allen.
I come ispirazione…quando arriva è la benvenuta…
J come James Bond, agente segreto britannico al servizio di Sua Maestà. Pur se la mia eticità non ne condivide i metodi, resto comunque affascinato dalla sua figura così come emerge in tutta la complessità caratteriale dai romanzi di Ian Fleming e che al cinema ha trovato degna rappresentazione, almeno a mio avviso, nelle interpretazioni di Sean Connery e Daniel Craig.
K come Katharine Hepburn, fra le mie attrici predilette, l’adoro in particolare nelle classiche commedie in stile screwball (ad esempio, Bringing Up Baby, 1938, per la regia di Howard Hawks, in coppia con Cary Grant).
L come licantropia. Mi ha sempre affascinato, nei suoi significati anche simbolici, la trasformazione di un essere umano in bestia feroce e assetata di sangue, dalle antiche leggende a quanto riportato in letteratura, fino, ovviamente, alla narrazione filmica, che spesso ha accentuato i toni dolenti della mutazione.
M come Mickey Mouse, ovvero Topolino. Meno amato rispetto al citato Donald Duck, ma ho un debole per le storie di Floyd Gottfredson, che vanno dagli anni ’30 fino ai ’60, se la memoria non mi inganna, originariamente pubblicate nel formato di strisce quotidiane.
N come nonchalance, atteggiamento che generalmente impiego in guisa di opportuna maschera nei rapporti sociali…
O come Omicron, film del 1963 di Ugo Gregoretti, protagonista Renato Salvatori, forse discontinuo nella resa complessiva ma certo lungimirante apologo morale, lucido e spietato nel visualizzare l’incombenza di un progresso meramente materiale, che prende le distanze da una reale evoluzione, apportatore di un distorto criterio d’eguaglianza.
P come pizza, alimento di cui mi ciberei ogni giorno…
Q come Quentin Tarantino, adorato e suadente “masticatore pop”, come mi è sempre piaciuto definirlo.
R come radio, per quanto mi riguarda sempre valido mezzo per poter esprimere e condividere sensazioni, emozioni e quant’altro con un vasto pubblico.
S come Sergio Leone, altro autore idolatrato, tra i pochi registi capace di prenderti per mano e portarti con sé, così da farti entrare, senza alcuna forzatura, nel suo universo, costruito ed idealizzato a misura cinematografica, ricco certo di varie influenze, ma adattato alla propria visione delle cose, nella cinica consapevolezza della direzione presa dall’universo.
T come Tante scuse, varietà televisivo del 1974 con Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, per la regia di Romolo Siena, tra i lieti ricordi della mia infanzia, già da bambino attratto da ogni forma di spettacolo.
U come Umberto D., pellicola del 1953 diretta da Vittorio De Sica su sceneggiatura di Sergio Zavattini, fra le ultime espressioni del Neorealismo. Un film crudo, scarno, essenziale, tendente al documentario, con la scelta di un protagonista attore non professionista (Carlo Battisti, glottologo all’ Università di Firenze), ed una regia distante, in nome dell’oggettività, volta a far risaltare la “poetica del quotidiano”.
V come vegetarianismo, concezione etica abbracciata ormai da quasi trentacinque anni (ora tendo al veganismo), che mi ha reso in pace con me stesso e in armonia con quanto mi circonda.
W come Woody Allen, che considero fra gli autori più moderni e completi del cinema statunitense. Nelle sue opere è riuscito a descrivere con distaccata ironia, ed autoironia, gli ambienti intellettuali della propria città natale, in particolare della comunità ebraica, inserendo come tema costante la passione per la letteratura, la filosofia, il cinema europeo e la psicoanalisi. Un regista metropolitano (Fernaldo Di Giammatteo), che ha gradualmente costruito, facendo leva sulle sue debolezze, la tipica figura di un individuo sospeso tra nevrosi e timidezza, dalla comicità cerebrale, nel quale, nonostante i richiami del citato nume tutelare Bogart, mi identifico facilmente…
X come simbolo di ogni incognita, sociale e lavorativa, che mi sono trovato, e mi troverò, ad affrontare…
Y come Young Frankenstein, ovvero, per il nostro paese, Frankenstein Junior, 1974, diretto da Mel Brooks, anche autore della sceneggiatura insieme a Gene Wilder, rivisitazione-omaggio in chiave comica del mito della “Creatura” nata dalla penna di Mary Shelley nel 1818 (Frankenstein or,The Modern Prometheus) e, grazie alla stupenda fotografia in bianco e nero (Gerald Hirschfeld) ed ai caratteristici passaggi tra le varie scene, una nostalgica citazione del cinema degli anni venti e dei primi tre film dedicati al “mostro” (Frankenstein, 1931, The Bride of Frankenstein, 1935, di J.Whale; Son of Frankenstein, 1939, di R.V. Lee), tanto che il laboratorio è lo stesso della pellicola del 1931.
Z come Zorro, eroe della mia infanzia di cui conservo indelebile il ricordo nell’interpretazione offerta da Guy Williams nella serie Disney degli anni ’50, varie volte riproposta in televisione, ma anche quella, conosciuta più tardi, profusa da Tyrone Power in The Mark Of Zorro (Rouben Mamoulian, 1940). Dal lontano 9 agosto 1919, anno in cui sulla rivista“pulp” All-Story Weekly venne pubblicata la prima delle cinque puntate di The Curse of Capistrano, racconto a firma dello scrittore Johnston McCulley che lo vedeva protagonista, El Zorro, la Volpe, raddrizza torti a filo di spada, senza disdegnare, all’occorrenza, pistola e frusta, nella California spagnola (“all’epoca della decadenza delle missioni”, come scriveva il citato McCulley), ha vissuto innumerevoli avventure, tra libri, film, telefilm, musical, fumetti.
La pizza la mangerei anch’io ogni giorno.
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Wow, che rapidità!!! Grazie per aver risposto così!
E tra Topolino e Paperino, la pizza, Gaber, Casablanca e Bogey… e quella V da veterano (35 anni! Complimenti!), mi sembra che siamo parecchio in sintonia! :–)
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Buongiorno. Grazie nuovamente a te, è stato piacevole uscire dai consueti schemi di scrittura e condividere passioni e sensazioni. Direi proprio di sì, a partire dalla comune passione per il cinema e arrivando all’alimentazione… Però, come passa il tempo,.. avevo 19 anni quando, iniziando a vivere lontano dalla famiglia, misi in atto quella scelta etica maturata già da ragazzino… Un caro saluto.
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Hai fatto benissimo! Io cominciai a 17 anni, quando ancora ero a casa con mamma e papà, e la cosa mi costò un po’ di conflitti all’inizio, anche se devo dire che furono più gli amici a non capirmi che i familiari.
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Lo stesso per me. I genitori in qualche modo capirono, gli amici invece…
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